Senza Filtro A.I.P.M

 “Jammo carichi a vacante”
 “We go full of emptyness”

Terra promessa

Ho deciso, sarà oggi. Aspetterò che il sole sia ben alto nel cielo, e farò il mio tentativo. Nella taverna di Rufus mi stanno dicendo che cosa dovrò aspettarmi: sono cose che in parte già so, ma gli anziani hanno voglia di parlare, ed i giovani ardono dal desiderio di conoscere, di toccare un altro di quei matti (ma loro dicono “eroi”) che vogliono attraversare la grande distesa di roccia. Rufus è una specie di avamposto, l’ultima risorsa per chi si prepara, l’ultimo momento per chi non è ancora deciso: una volta qui si può solo andare avanti o tornare indietro. In ogni caso gli stranieri che arrivano per tentare l’impresa non si fermano mai: se hanno rinunciato, non hanno il coraggio di farsi rivedere da queste parti, e spesso neppure tornano al proprio villaggio. Così quando si dice di voler attraversare il Deserto Nero, si sceglie di abbandonare definitivamente la propria vita passata.

“Nessuno di quelli che sono partiti è mai tornato.” sta dicendomi lo stesso Rufus, mentre mi versa da bere. “Molti sono certamente morti, noi li abbiamo visti: i loro corpi sono rimasti a seccarsi sotto il sole, o sono stati travolti dai fiumi effimeri delle grandi piogge. Il Deserto è sorvegliato da mostri immensi, rapidi come rocce che precipitano dalle montagne, e altrettanto distruttivi. Di giorno ti piombano addosso senza neppure lasciarti il tempo di percepire la vibrazione dei loro passi sul fondo di roccia nera, di notte ti bruciano con le luci abbaglianti che emettono dai loro occhi alieni. Una volta non era così, si dice addirittura che non ci fosse neppure il deserto: ma sono leggende di mille generazioni fa. Te l’ho detto, nessuno ritorna, molti sono morti nell’impresa, ma qualcuno ce l’ha fatta. Da quando sono qui io, e io non sono molto vecchio, almeno una ventina di loro. Noi li abbiamo guardati, come facciamo sempre, e li abbiamo visti arrivare alla salvezza, laggiù sulla Grande Muraglia Grigia.”

Mi guardò con l’affetto di un padre. E me ne versò un altro “Offre la casa”, disse, ma badando a non farsi sentire dagli altri. Nessuno ritorna. Così nessuno sa davvero che cosa c’è dall’altra parte della Grande Muraglia Grigia. Ma non c’è altro da fare che andare. Questo è quello che pensavo poco fa, mentre mi arrampicavo lungo la liscia superficie della Muraglia, ubriaco di gioia ed orgoglio per il mio successo, tanto che neppure il precipizio che cresceva sotto di me, mentre salivo, mi spaventava. Alla fine ho raggiunto la cima, non senza aver rischiato di morire, travolto dal vento prodotto da un mostro immenso, che mi è passato vicinissimo. Ma ora non mi sento più tanto felice: dalla cima della Muraglia vedo che cosa mi aspetta: una distesa identica a quella che ho appena attraversato, e, in lontananza un paesaggio simile a quello che mi sta alle spalle. Andrò avanti, ovviamente. Ma comincio a pensare che anche di là ci sia qualche posto come la taverna di Rufus, con gli stessi discorsi e le stesse facce. E se noi non abbiamo mai visto nessuno arrivare da noi, dopo aver attraversato il grande Deserto Nero, vuol dire che anche per noi non ci sono speranze di…

E’ terribile essere uno scarafaggio che attraversa l’autostrada. Meglio essere uomini.