Fuori orario
Stefano d'Avossa‘Cinema come pubblicità per se stesso,
come semplice indice astratto
di un corpo glorioso
che si potrebbe anche
non vedere.‘
Enrico Ghezzi
Al Centro Sociale e Culturale “Impronte” è giunta ormai al termine la rassegna culturale “Visioni & evasioni (Cinema di fine millennio)”. Tale manifestazione era nata col presupposto che “comunque vada sarà un successo”. E’ stato un clamoroso fiasco. Gli organizzatori per l’occasione avevano approntato il salone centrale, detto anche salone degli spifferi, per le visioni dei films; ma dopo la sconfortante prima, hanno deciso di preparare una più accogliente e calda saletta di proiezione. Dicevamo, alla prima serata della rassegna si sono presentate circa una ventina di persone, così variamente composte: circa una decina erano del centro sociale, andati giusto per non fare brutta figura, qualcuno ha portato la ragazza per fare numero; altri sono capitati per caso, alcuni hanno sbagliato indirizzo, cercavano una palestra; infine numero uno ubriaco, che per errore credeva di essere arrivato a casa. Resosi conto dell’errore ha preferito rimanere perché era meglio che tornare a casa.
Nei giorni a venire molto si è discusso sul perché del fallimento dell’iniziativa. Si è tirata in ballo la scarsa pubblicità data all’evento e la scarsa ricettività delle persone.
Personalmente credo che la causa sia la scelta dei films. Questi lungometraggi mancavano dello spessore culturale richiesto da un pubblico medio, il quale sarebbe accorso in massa se si fossero proposti film quali “Un cameriere di venti centimetri”, un cult-movie incentrato sulla difficoltà esistenziale di un cameriere e sul suo “duro” lavoro. Oppure “Pellenera e i sette nani” che tratta delle diversità razziali di colore e statura. E ce ne sarebbero molti altri, invece cosa si è proposto?
Tanto per citarne alcuni in ordine sparso: “L’Arancia meccanica di Stanley Kubrick”.Un film incentrato su delle arance robot-killer. Remake del ben più noto “Pomodori assassini”. Un film il cui regista è diventato famoso qualche anno dopo per aver inventato un gioco idiota incentrato su un cubo, il cui scopo era riordinare le facce colorate del cubo. È ovvio che la gente rimane a casa a vedere “Fantastico” con Magalli e la Carlucci.
Imperterriti si è continuati con il film “Drugstore Cowboy”, in cui dei cowboy ormai ottantenni smettono di fare i vaccari ed aprono un supermarket. Una metafora piuttosto sciatta del trapasso generazionale vissuto dai bambini quando smettono di giocare ai cowboy e gli indiani e si mettono a giocare ai commercialisti e politici, ovvero a guardie e ladri.
Si è poi deciso di proporre un film a sorpresa, ovvero tale “Pulp Fiction”, forse l’unico film che meritava di essere visto. Purtroppo trattandosi di una sorpresa nessuno lo sapeva, e se lo è visto solo soletto l’operatore che, peraltro, si è molto divertito, tanto che lo ha rivisto per tre volte di seguito.
Infine, fra gli altri, il cui livello era così infimo che non li tratterò neanche, si è proposto “L’esercito delle dodici scimmie”, un film ecologista in cui dodici scimmie del gruppo dei Verdi s’incazzano nere contro dei cacciatori rossi e ne combinano di tutti i colori. Un fanta-thriller con intrecci fantapolitici, insomma talmente fanta che sembra un’aranciata.
Grazie che non c’è andato nessuno!
Un ciao ed alla prossima, se mai ci sarà una prossima, dal Vs. redattore critico.
P.S. A proposito, che maleducato, non mi sono presentato, io sono il Redattore Critico. Sono uno che si è perso nella Valle dei templi e che non ha più ritrovato la via di casa. Sono uno che è capitato per caso, come la cozza nella pasta e fagioli. Sono un’ombra che per caso è giunta al Centro Sociale “Impronte” ed ha chiesto “Cosa fate in questo centro sociale?”. Un omone tutto peloso e dalla voce tonante ha scosso la testa e ha detto “Vedi tu cosa puoi fare per il Centro.”. Ho visto la luce. Ho deciso di fare qualcosa: per primo ho occupato il Centro, perché un Centro Sociale se vuole essere rispettabile , deve essere occupato. Mi sono trasferito armi e bagagli lì, e adesso ci vivo. Infine ho pensato di rendermi utile facendo il redattore critico, e così eccomi qui.
P.P.S. Io sono un critico distruttivo e non costruttivo, perché solo distruggendo tutto si può ricostruire meglio, non siete d’accordo?