NATALE BUIO/LUCE
Grim BoyE’ Natale e si sente. Lo sento nell’aria, lo sento nel cuore. La neve si appoggia con delicatezza sulle spalle della folla che si accalca intorno alle vetrine, investita dalla luce dei negozi e da quella delle decorazioni stradali. La nuvoletta del mio respiro mi precede sulla strada di casa mentre la percorro con quel brivido di eccitazione, il mio sigaro nel taschino del cappotto.
A casa mi siedo in poltrona, con un bicchiere di cognac nella mano sinistra ed il sigaro che brucia lentamente rilasciando fumo azzurrognolo. Spengo la luce, la stanza è illuminata dalle lampadine intermittenti dell’albero. Mi sento proprio buono. Anche Elisa è più buona, chissà se è per il Natale o per il bavaglio che le impedisce di emettere alcun suono diverso da un mugugno.
Buio, mi alzo in piedi. Luce, i suoi occhi sbarrati scintillano verdi e bellissimi. Buio, mi avvicino. Luce, il mio coltello riflette i raggi rossi e gialli delle lampadine. Buio, un tonfo sordo mi avverte che la punta del mio anfibio sinistro ha raggiunto il suo nasino delicato. Luce, lei singhiozza con il mento appoggiato sullo sterno, il sangue sgorga copioso dal setto nasale fratturato. Buio, la afferro per i capelli. Luce, mentre la trascino verso la parete le corde troppo strette riaprono le piaghe che avevano causato in precedenza. Buio, questa intermittenza mi ha rotto le palle. Luce, scaglio Elisa contro l’albero, e riaccendo il lampadario.
Elisa è lì, aggrovigliata tra i festoni. La ritiro su, e noto con soddisfazione quanto le donino i cocci multicolori delle palline che le trafiggono il braccio sinistro. A giudicare dai sussulti che la scuotono, dalle lacrime che si mescolano al sangue che le cola dal naso, dal mugugnare continuo che il dannato bavaglio le concede, deve essere in preda ad una crisi di nervi.
<<Perché piangi? Io sto facendo quello che devo>> – la troia fa l’indifferente, continua ad essere scossa da tremiti e singhiozzi- <<Smettila, dovresti essere contenta: è Natale, il tuo ultimo Natale, ti mando in Paradiso perché tu sia felice per sempre>>. Continua, forse non apprezza i miei sforzi. Nessuno li ha mai apprezzati, neanche mia madre. Ma la mia non è ricerca di gloria, è un duro lavoro da portare a termine, e questa vacchetta non collabora. E’ questo che vuole? Le taglio i legamenti delle ginocchia col fido coltello e la lascio andare. E’ sorprendente l’ostinazione di questa ragazza: incurante delle scie di sangue che si lascia dietro, striscia sul tappeto aiutandosi con le mani. Estraggo dal focolare il ferro ben rovente tenendo l’altra estremità con un panno spesso; in un attimo sono su di lei, le incido a fuoco sulla schiena la scritta “Buon Natale” e poi la sollevo alta sulla testa.
Si agita e mugugna istericamente (bavaglio di merda) quando mi avvicino alla finestra, ma io riesco a tenerla senza perdere l’equilibrio e la scaglio attraverso i vetri. Il fragore mi disturba, rovina il momento magico mentre io seguo la sua traiettoria verso il marciapiedi. Dieci piani più in basso c’è una signora con una carrozzina. <<No!>> mi sfugge un urlo di panico. Poi il tonfo, le urla della gente che scappa; non ho il coraggio di guardare…
Alla fine apro gli occhi e tiro un sospiro di sollievo: a Natale sono tutti più buoni, anche il caso: avrei potuto uccidere una creatura innocente, invece ho fatto fuori due troie e creato un orfano. Le budella di Elisa disegnano sul selciato il più bello dei festoni.